| L’ULTIMA PAROLA - 2Cr 36,14-16.[17-18].19-23 | 
        
            | Dal secondo libro delle CronacheIn quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono  le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e  contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
 Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi  messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua  dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole  e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo  popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio.
 [Allora  il Signore fece salire contro di loro il re dei Caldei, che uccise di spada i  loro uomini migliori nel santuario, senza pietà per i giovani, per le  fanciulle, per i vecchi e i decrepiti. Il Signore consegnò ogni cosa nelle sue  mani. Portò a Babilonia tutti gli oggetti del tempio di Dio, grandi e piccoli,  i tesori del tempio del Signore e i tesori del re e dei suoi ufficiali.]
 Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio  del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i  suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
 Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero  schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi  così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia  scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino  al compiersi di settanta anni».
 Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del  Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di  Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto:  «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti  i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a  Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il  Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».
 
 
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          | contaminarono  il tempio  | La storia è una realtà complessa, quella d’Israele si interseca e si  intreccia con la storia della Salvezza; la preoccupazione principale di chi ha  tramandato la narrazione degli eventi non è tanto la verità oggettiva, storica  quanto la loro comprensione sul piano della fede. Anche se il libro che chiude  il canone ebraico (l’elenco dei libri che costituiscono la Bibbia per gli Ebrei)  si chiama Cronache, non ha niente a che vedere con la comprensione moderna di  questo termine.  Gli autori sono ignoti e scrivono  attorno al 330-250 a.C. in Giudea, rielaborando quanto già narrato negli altri  testi sacri, circa duecentocinquanta anni dopo i fatti raccontati. Un tempo  lunghissimo in cui la storia ha avuto modo di essere ricompresa e riletta nei  suoi significati nascosti.La  situazione descritta è quella della infedeltà del popolo e dei sacerdoti del  tempio, un paganesimo di ritorno, o – come potremmo dire oggi – un dilagare  della secolarizzazione con l’abbandono della pratica religiosa. Il tempio doveva essere il segno della  fedeltà di Dio verso il suo popolo, al contrario è il popolo che scivola nella  infedeltà. Il tempio diventa un contenitore vuoto, abitato da riti e formalità.  La relazione con Dio era ormai sterile; la Legge, ogni riferimento alla Parola,  ormai dimenticata. La Scrittura, come noi la conosciamo, ancora non c’era ma  era affidata alla “tradizione” della Parola e la sua memoria era ormai  assottigliata.
 Troppo facili potrebbero essere i parallelismi con i nostri giorni, ma  sappiamo bene che Dio si rivela nella storia degli uomini, dunque è nella  storia che troviamo i segni della sua passione per l’uomo e le promesse che lo  mantengono in vita.
 Se la storia ha un senso, dovremmo essere capaci saperlo  comprendere; la vita umana si dipana dentro una realtà che non può essere letta  solo come un susseguirsi di eventi. Possiamo fare un’analisi del presente,  ma non tutto si può cogliere, gli interessi momentanei distolgono, l’impulso  può generare contraccolpi, occorre un dono non comune.
 Il Signore  stesso ci ammonisce: Ipocriti! Sapete  valutare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete  valutarlo?  (Lc 12,56).
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          | mandò  premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri  | I due avverbi premurosamente  e incessantemente riassumono la “misericordia” di Dio che non abbandona  l’uomo a se stesso ma continua ad accompagnare la sua storia con messaggeri, ma gli uomini non se ne  curano e schernirono i suoi profeti.  Più volte Gesù muove lo stesso rimprovero ai suoi interlocutori attraverso il  racconto di parabole come quella del banchetto di Nozze (Cfr. Mt 22,1-14; Lc  14,16-24) e quella della vigna (Cfr. Mt 21,33-44; Mc 12,1-12; Lc 20,9-19).Nelle  parabole del banchetto di nozze la conclusione punitiva è simile alla lettura  che della storia ha dato l’autore delle Cronache al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il  culmine, senza più rimedio. Nelle parabole della vigna è il Figlio che  subisce le conseguenze del comportamento dei contadini, proprio perché è entrato  nella dimensione dello scarto che è diventato la pietra d'angolo.
 Quando Nabucodònosor, nel 587 assedia e  incendia Gerusalemme, ne distrugge il tempio, il cronista legge questo  fatto come la risposta di Dio alla infedeltà e l’esilio come conseguenza logica  di un disfacimento in atto.
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          | Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati  | Bisogna però fare attenzione a non chiudere la partita con una  giustizia sommaria quella della retribuzione, per cui al comportamento umano  corrisponde semplicemente il castigo o il premio. Non ne siamo lontani quando  ci lamentiamo chiedendoci quale male abbiamo fatto per meritarci questo o  quello. Neppure però possiamo sottovalutare gli eventi a pure casualità senza  nessi e senza perché. Luca (13,1-5) dice chiaramente che non dobbiamo cercare  le colpe, ma che ogni avvenimento è un invito alla conversione. Il Cronista cita Geremia non solo per indicare un  termine all’esilio, settanta anni, ma per indicarne il contenuto: il riposo. Certo che durante l’esilio gli  israeliti non sono stati in panciolle, anzi hanno sperimentato la dimensione  degli scartati, ma avevano bisogno di far riposare l’idea di essere padroni del  mondo, di se stessi, e in qualche modo anche di Dio. Il riposo del sabato  purifica l’uomo da se stesso e si affida a Dio. L’intento di Dio non è il castigo, ma la conversione  e la vita del suo popolo.
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          | perché si adempisse la parola del Signore  | Ci troviamo negli ultimi versetti del  libro delle Cronache (dunque della Bibbia ebraica) con un passaggio repentino  dalla Cattività babilonese al ritorno, dalla distruzione del tempio alla sua  ricostruzione. Una volta compiuti i settanta anni profetati, l’editto di Ciro  porta a compimento quanto annunciato dal Profeta Geremia (29,10). È Dio che  suscita il suo spirito in Ciro, re di  Persia; l'insondabile  Grazia di Dio ha l'ultima parola nella  storia del suo popolo.Davanti  a Dio non conta la provenienza o la religione, molto spesso le carte sono  mescolate, non sempre gli eletti, benefattori o beneficiati, appartengono ad  Israele; per Dio è altro quello che conta. Ciro è stato docile all’azione di  Dio, l’editto imperiale prende la forma di una proclamazione di fede nel Dio  d’Israele: Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso  tutti i regni della terra.  Il  re pagano riconosce il popolo di Dio e come Dio stesso lo accompagni e lo  sostenga: «Il Signore, suo Dio, sia con lui e salga».L’ultima parola è una parola d’amore,  esce da una bocca inaspettata: Dio si fa compagno nella salita verso  Gerusalemme. Un cammino ancora tremendamente lungo fino a quando anche l’ultima  parola sarà compiuta: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme  e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo  condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli  sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni  risorgerà» (Mc  10,33-34).
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